Una volta ne aveva paura. Una volta scappava, davanti alle api. Raccontava d’un cimitero; d’uno spaventoso sciame d’api che l’aveva inseguita; di lei che si tuffava in una fontana per salvarsi. Non ricorda se o quando era successo. Ricorda che lo raccontava. Ora le guarda. E’ felice… e pensa a te. Decine di piccole api planano, leggere, sui bordi dei calici dei minuscoli fiorellini dei cespugli di lavanda. Il profumo arriva alla scrivania. Sorride, affascinata. Leggere e silenziose zampettano sulle accoglienti corolle viola. Vede il fiore ondeggiare, con l’ape per metà dentro, che annusa e preleva polline. Chissà a cosa pensano, quando stanno là dentro. Sembrano stordite mentre zigzagano, nell’aria umida e pesante di questo pomeriggio caldamente uggioso, tra il malva e il verde che tanto ti sarebbero piaciuti. Qualcuna rallenta impercettibilmente il volo, davanti a lei, quasi ad inchinarsi, ringraziandola, prima di andare a fare rifornimento anche dagli agapanto. Oh, quanto amore in questi balconi che s’adoprano, al ritmo del tempo e delle stagioni, a rallegrarla donandole fiori e piante di tutti i tipi. Lei butta semi qua e là, senza criterio. Loro ricambiano con il rosso vermiglio dei petali di melograno, l’indaco degli agapanto, il bianco dei gladioli, l’arancione dei tagete, il rosa delle dalie e delle Petit Prince, il verde delle profumate foglie di limone, il viola orgoglioso dei giacinti. Sorride, avvicinandosi alle api. L’accolgono. L’accettano. Non le fanno paura. Non più. L’accettano. Forse perché lei accetta loro. Forse la differenza sta qua, suppongo. Lo sentiamo. Sentiamo nel cuore, quando siamo accettati. Sappiamo quando accettiamo, se lo facciamo veramente dal cuore. Accettare. Ad càpere. Accettiamo. Accetto. Questo caldo milanese, una volta nemico, ora le è fedele compagno di pomeriggi intrisi d’amore e accettazione. Sospira e pensa a te… mentre le api visitano i suoi fiori. Miele di lavanda e agapanto a Milano. Quanto ne avreste riso. Quanto l’avresti presa in giro. Quanto le avresti detto che solo lei poteva rendere vergognosamente poetico il caos e la sua mal gestione di due balconi, nascosti in un qualunque secondo piano di un anonimo palazzo, uscendone indenne solo grazie al suo cieco affidarsi a un Dio inesistente. Quanto è felice, comunque… Quanto… non cambierà MAI.
Ad càpere
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Pubblicato da La Narratrice
Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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