Aveva pensato fossero gabbiani. Di solito, verso le 5 di mattina, gli ignavi pennuti marini iniziano a garrire dal tetto. Ogni sacrosanta mattina, quello stridìo misto a un dilungato suono gutturale si inietta spavaldamente tra le tegole del vecchio palazzo, fino alla sua camera. Mai avuto problemi. Ieri mattina, però, è successo qualcosa di talmente spaventevole che non è riuscita nemmeno a raccontarlo al marito, ignaro. E lei è ancora là a domandarsi se dirlo oppure no. Oppure no, và. Qualcosa l’aveva svegliata. Apre gli occhi. È ancora nel sogno dove combatteva con un fantasma che la chiamava “lurida puttana”? No. Il vento fresco che sa di mare e i gabbiani glielo confermano. Goffredo sta russando sonoramente. È in quel momento che sente l’urlo straziante. Qualcosa che non aveva sentito mai. Un urlo disperato, testimone d’una perdita preziosa, d’un amore finito, d’un addio inaspettato. Si mescola arditamente tra i garriti dei gabbiani, quest’urlo, facendole accapponare la pelle. Trema. Non capisce se è uomo, donna, animale. Uno, due, tre minuti… orribile il tempo trascorso a cercare di distinguere tra il vociare dei gabbiani che aumenta e quell’urlo che, con il vento, si libra tra i vari palazzi, fino a casa sua, senza voler smettere. S’alza, intenzionata a capire meglio. Dopo solo dieci passi nel corridoio, si rende conto che, per un fortuito incrocio di echi ed angoli è la voce di un bambino. Non cambia tono. Forse un neonato? Oppure no? Neonato, sì! Oh, Dio del cielo! Sotto casa ci sono i cassonetti di 4 palazzi e davanti c’è la chiesa! L’hanno abbandonato! Hommioddio… deve scendere. L’urlo straziante non cessa. Lo sa, l’hanno abbandonato. Una mamma, se il figlio piange, chiede aiuto, urla pure lei. E invece, nulla. Si scapicolla in mutande giù per le scale. L’urlo, ormai, sta andando avanti da 15 minuti pieni, senza fermarsi. Già s’immagina d’adottarlo, la Prenatal, la gazzetta della Riviera con le foto… girato l’angolo, viene investita da un assurdo e prolungato rumore di roboare fisiologico. L’urlo smette immediatamente. Sente una voce di giovane donna provenire da una finestra del primo piano: “Maledette coliche gassose… guarda tu quanto casino bisogna fare per una scoreggia… dai, a nanna tesoro…”. Oppure no…
Oppure no
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Pubblicato da La Narratrice
Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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