Sbagliano. Sbagliano a regalarti un bambolotto, quando sei bimba. Sbagliano. Sbagliano a farti vestire da Zorro a carnevale, quando sei bimbo. Che non lo sai se, un giorno, il tuo grembo potrà ospitare un feto e tu avrai un figlio tutto tuo d’allattare, portare all’asilo, prendere per mano dicendogli: “Dai la mano alla mamma, che non si attraversa senza guardare a destra e sinistra”. Ecco, bisognerebbe guardare a destra e sinistra, sempre. Non dovrebbero farti vedere solo la destra o solo la sinistra. Che non lo sai che, Zorro, alla fine, non esisteva e tu non puoi andare in giro per il mondo a segnare i culi dei sergenti cattivi con la zeta di Zucca. Sta aspettando d’entrare nello studio per essere fecondata. 37 anni. Single. Impiegata. Ha risparmiato un po’ di soldini. Non vuole ripensare a tutta la maledetta trafila burocratica. Non vuole ripensare agli ormoni che ha dovuto ingurgitare. Pensa al Cicciobello che le regalarono a Natale. E pensa che, magari, se non le avessero regalato quel bambolotto di merda, sarebbe stata, comunque, una donna felice. Che non si sarebbe allontanata dagli amici con i figli, che non avrebbe scopato senza frontiere, pur di essere fecondata, che non avrebbe mentito, fingendo di non volerne, perché, alla fine, più le racconti… più ci credi anche tu, alle tue bugie. Perché non dirla, la verità? Perché non urlare al mondo infame che dovevano dirlo prima che ci sono donne che, in questo mondo infame due volte (e pure di merda), non avranno mai figli partoriti dal loro ventre da allattare con il loro florido seno? Che va bene pure così? Che non si è donne a metà? Che non sta scritto da nessuna parte che bisogna per forza avere dei figli? Massì, ‘fanculovà. Entra. La fecondano. È felice perché, anche se è impossibile, lo sente. Finalmente è incinta. Finalmente è completa. La settima notte va in bagno, pensando d’avere la diarrea per aver mangiato troppo gelato… che le donne incinte devono mangiare e, invece, sono i crampi d’un aborto spontaneo. Così. Senza nemmeno avvisare. Piangendo, tira lo sciacquone che si porta via quel grumo di sangue ch’era suo figlio e pensa a quel merdosissimo Cicciobello.
Cicciobello
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Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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