La vecchia 500 color beige s’incolonnò in viale Papiniano. La carrozzeria avrebbe sicuramente apprezzato una bella ripassata. L’aveva colpito la musica che ne veniva fuori. La donna che la guidava cantava a squarciagola “Your mother should know” dei Beatles mentre il volume a palla invadeva il viale che si stava svegliando dopo una lunga notte di pioggia milanese. La canzone ricominciava non appena finiva. L’aveva ascoltata già 3 volte. Di sicuro non aveva il mangiacassette, in quell’auto, la signora, pensò lui. Abbassò la testa per osservarla. Rise di cuore. La macchina “sbatteva” come se ci stessero saltando dentro. Non ci poteva credere. Ballava muovendosi freneticamente al ritmo della musica, battendo le mani sul volante. I capelli ondulati seguivano il ritmo mentre la testa andava avanti e indietro, quasi pogando. Rise di nuovo. Pregò che il rosso durasse eternamente. Non sapeva perché, ma aveva iniziato a seguirla da via Lipari. Poi giù per Piazzale Aquileia. Là aveva urlato di paura, probabilmente assieme a lei che – imprudentemente – era sfrecciata davanti al tram rischiando di schiantarcisi con le vetuste lamiere. Ora erano in coda a causa del mercato. Aveva un appuntamento di lavoro mezz’ora dopo, ma non sarebbe mai andato. Aveva scelto di seguirla. Non sapeva perché. Doveva. Le stava accanto, ma non troppo. Non riusciva a vederle gli occhi perché indossava occhiali da sole, nonostante le nuvole. La voce urlante gli arrivava ovattata, assieme alle note. Sfrecciò oltre Porta Ticinese mentre lui continuava a sorridere. Non poteva perdersela. Al semaforo accostò per guardarla meglio. Bella quella mano sul cambio. Bella lei che muoveva le gambe al ritmo della musica facendo ballare anche l’auto, fottendosene del mondo intorno. Parcheggiò accanto alle Termemilano. Si posizionò proprio dietro lei. Ancora prima che scendesse, era già là, davanti alla portiera, ad attenderla. La vide girare la manovella per chiudere il finestrino, spegnere la musica. Si voltò. Lo guardò stupita. Le fece cenno di abbassare il finestrino. Lei lo fece. Un uomo distinto come lui, ispirava fiducia. Sorrise dicendole: “T’ho seguita per 6 replay. Non so perché. T’ho seguita. Dovevo.” Fece scivolare gli occhiali da sole sulla punta del naso. Sorrise ribattendo: “Hai detto: replay. Mi piace chi usa le parole giuste.”
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Pubblicato da La Narratrice
Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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