Appartengo alla generazione di mezzo. Appartengo a quella generazione che usava la macchina da scrivere e il telex. Appartengo a quella generazione che ha scritto fiumi di parole con le penne a sei colori grosse come un vibratore che, poi, alla fine funzionava sempre solo il blu che, diciamocelo, come colore, fa un po’ cagare… meno quello della Bic, però. Quello della Bic è un bel blu. Appartengo alla generazione che trovava gli amici sugli annunci di Cioè e RagazzaIn o aderendo ai programmi scolastici di PenPal. Appartengo alla generazione dell’amica del cuore. Quante fregature con l’amica del cuore, eh? Esiste? Sì. Ne esiste una per ogni stagione del cuore. Il mio cuore ha avuto decine di stagioni. Chissà quante ancora ne avrà. Che stanchezza, però. Ecco, questo è il mio problema. Sono una pigra per principio. Quale principio? Il principio che non ho la forza d’andarmele a cercare, le amicizie. Le aspetto. E’ così: sono pigra pure nelle amicizie. Mi nascondo dietro il velo del “sono una fatalista”. E funziona. Finora, nel bene e nel male, ho avuto il meglio, ne sono sicura. Perché così doveva essere. Ci credo. Non rimpiango nulla. Tutta gente incontrata casualmente, abbracciata, con cui s’è mangiato, bevuto, pianto, riso; il cui profumo pervade le pieghe delle carte veline nelle quali, quando mi feriscono, ci avvolgo il mio cuore fino a quando non guarisce. E la stessa cosa vale anche per le amicizie virtuali. Anzi, vale anche di più perché sono molto più pericolose, quelle. Comunque, mostrare il proprio cuore è un grandissimo atto di coraggio. Aprire la propria anima lo paragono al correre attraverso una galleria e arrivare, sempre correndo, alla fine di questo tunnel rendendosi conto che, proprio là, ci sarà uno strapiombo. E’ in quel momento che devi decidere se continuare a correre o frenare come Bip Bip fermandoti. Frenare o continuare a correre sperando, tuffandoti nello strapiombo, d’atterrare agilmente su un morbidissimo e profumatissimo prato. Ripensandoci, spesso sono atterrata su un prato anche quando prato non era. Dipende da come l’affronti e il volo è stato bello perché m’ero portata il paracadute. Ognuno ha il suo, di paracadute. Alla fine, basta chiudere gli occhi e tuffarsi.
Delle eteree affezioni
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Pubblicato da La Narratrice
Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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