Non si sopportano le persone che si lamentano. Le persone che si lamentano sono peggio delle piattole beccate sul treno per Amsterdam; che t’accorgi d’averle proprio mentre sei a casa della ragazza più figa del mondo che te la sta per dare e, mentre lei t’ammicca, cerchi di grattarti lo scroto accavallando le gambe e chiedendoti se sei pronto ad aggiungere anche lei alla venerabile lista degli esseri umani che se le son beccate oppure no. Ecco cosa si pensa di chi si lamenta. Ed è per questo che certa gente non si lamenta mai, ma abbassa la testa e trotterella, come un ariete, sbattendo la testa contro il portone della fortezza cercando di buttarla giù. Non è una figata fare l’ariete. E non lo fanno perché vengono pagati di più. Lo fanno per non pensare. Mille cose, facciamo tutti, per non ricordare, per non fermarci, per non guardarci dentro, per non sputarci in faccia. Oggi ho letto questa frase: il vento arriva inaspettatamente a spostare le cose ferme da tempo e a restituire vitalità e speranza a ciò che non appare, ma è. Altro che 365 parole al giorno. Basterebbe solo questa frase a farti tremare. Così, mentre il vento che sposta le cose fa anche dondolare le canne di bambù del sonaglio appeso al balcone, mi chiedo cos’è fermo accanto a me. Cosa sta aspettando vitalità e speranza? Ognuno ha qualcosa di fermo accanto che aspetta di riprendere vita e speranza. Ciò che non appare, ma è. Ma che vuol dire? Non lo so. Non c’ho la testa per elucubrarci ora, davvero. È troppo per me, ora. Decido di non volermi fermare e sai cosa faccio? Mi lamento. È tanto tempo che non mi lamento. Voglio lamentarmi? Posso? Come diceva Totò? “Con permesso?” Posso? Posso lamentarmi? Posso non fare Heidi con le fottutissime caprette che ti fanno ciao? Posso non sorridere ma piangere? Posso? Se scrivo ancora una volta “Posso?” mi viene in mente un meme d’un politico che gli rispondono NO. E allora, mi vien da ridere e non voglio più essere triste e mi deprimo ancora di più perché non riesco nemmeno a lamentarmi pietosamente come fa tutto il mondo. Mavvaffanculovà.
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Pubblicato da La Narratrice
Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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