S’incontrarono per caso, ma non troppo. Che uno, a una certa età, non ci pensa quasi più però, di nascosto, magari spera che la sfiga si volti dall’altra parte e lasci entrare quel raggio di sole di cui tutti tanto abbiamo bisogno, sempre. Perché è tutta ‘na fatica e anche nello sperare bisogna trovare l’equilibrio, senza farsi scoprire dal destino. Perché più vuoi ‘na cosa e meno l’avrai. E meno vuoi, più l’avrai. Facile a dirsi. È comunque in quei momenti che succedono le cose. S’incontrarono una sera di maggio. Quasi per scherzo qualcuno aveva organizzato un appuntamento al buio. Si scrutarono da lontano, come i cani che non sanno se azzannare o scodinzolare. S’accucciarono, ognuno nel proprio angolo, guardandosi da lontano. Nessuno dei due provò passione. Nessun colpo di fulmine. I cuori stanchi di soffrire, a volte, hanno bisogno d’una pausa. Ed è così che, in una sera profumata di glicine, in piazza Duomo, si guardarono negli occhi e mentre Ron cantava “…ti senti solo, vuoi che resti con te?” le loro due anime annuirono. Ed è così che le regalò rose comprate a un euro dal cingalese che saliva sui barconi mentre passeggiavano sul Naviglio. Ed è così che lei scrisse per lui una canzone, suonando solo tre corde della chitarra e cantando parole che avrebbe tanto voluto fossero vere, ma che vere non erano. Faceva bene dentro, però, pensare di poterle cantare senza soffrire, finalmente. E fu così che, una sera di giugno, la portò a Montevecchia e, mentre dal borgo si vedevano i lampi infierire sulla pianura sottostante, le chiese se poteva baciarla. Lei rispose di sì. Perché è così che si sentiva di fare. E fu così che lui, come tutti dicevano fosse giusto fare, le chiese di sposarlo. E fu così che lei, come tutti dicevano fosse giusto fare, rispose di sì. I cuori stanchi di soffrire, a volte, hanno bisogno d’una pausa. E, tra una pausa e l’altra, passarono trent’anni costellati da figli, litigi perché lui russava o non buttava la pattumiera e recriminazioni perché lei, invece, dimenticò d’esser donna e di vivere amando. E poi, si lasciarono. Ma senz’arrabbiarsi. Che, almeno, s’erano fatti compagnia per un po’.
Cuori temerari
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Pubblicato da La Narratrice
Penso, sogno, scrivo, parlo, rido, piango e poi, di nuovo, penso, sogno, scrivo, parlo, rido e piango... ma, prima di tutto, comunque e sempre, AMO. Mostra tutti gli articoli di La Narratrice
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